PICCOLE VITE SPEZZATE

Di attualità non ne parlo spesso.. ma questo articolo di Antonella Boralevi è veramente toccante e voglio riportarlo qui.



La bambina morta in auto sotto il sole: quando si spezza una mamma


A noi non è ancora successo. Siamo state benedette. Ma la fretta che ci mangia la vita, l’angoscia che ci suona come un diapason nascosto dentro il petto, è anche la nostra.
Uguale a quello di Ilaria, la mamma di 39 anni, di Terranuova Bracciolini, un bel paese vicino ad Arezzo.
Una mamma uguale a noi, con la fatica che non vuoi far vedere, con la smania di fare tutto bene, tutto perfetto, sempre. E tutto da sola, perchè solo tu sei capace, solo tu lo fai come si deve, svelta come va fatto.
Ogni mattina, Ilaria caricava sul seggiolino posteriore la sua bambina. La lasciava all’asilo Pinocchio e poi, svelta, svelta, svelta, parcheggiava in piazza, la piazza, la maledetta piazza Vittorio Emanuele, vicino al posto di lavoro, il Comune di Castelfranco di sotto dove era segretaria.
Tamara era un fagottino d’amore di 18 mesi. Tanto voluta, tanto cercata, tanto amata. Ieri mattina, come fanno tanti bambini, il dondolio dolce della macchina, su e giù per i colli splendenti di verde appena nato, deve averla cullata.
Pare di vederla, Tamara, i piccoli occhi socchiusi, il dolce sussurro dei sogni.
Poi la sua mamma esce dalla macchina. Svelta. Svelta. Svelta.
E qui non racconto più nulla.  Perchè non si può raccontare. E’ troppo. Troppo dolore, troppa tragedia.
C’è un urlo.
Un urlo che attraversa la piazza Vittorio Emanuele, 5 ore dopo. 5 ore di sole a picco, di abitacolo chiuso. 5 ore di qualcosa che è indicibile ma che ogni mamma sente, adesso, forte, potente, dentro la sua anima: se pensa a Tamara e alla sua povera mamma.
C’è l’ambulanza, la rianimazione inutile. Il corpicino morto di Tamara, che era un fagottino d’amore.
E vorrei dire a questa mamma (e a tutte le mamme e i papà che l’hanno preceduta nel suo calvario) che la abbraccio stretta. Che la sua colpa non è la sua colpa, è la colpa delle nostre vite piene di fretta e di smania di farci stare tutto, e tutto perfetto, nella nostra giornata.
Ci sono gesti che compiamo senza che la nostra coscienza ne sia avvertita. Freud li chiamava «atti mancati». E’ quando c’è l’orologio sul comodino, ma tu non lo vedi, proprio non lo vedi, perchè dovresti fare in un certo orario qualcosa che profondamente, ma segretamente a te stesso, non vuoi fare.
Quella bambina dimenticata non è più una bambina: è la nostra fretta, la nostra ansia, la nostra paura di non essere all’altezza del troppo che ogni giorno pretendiamo da noi stessi.

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